lunedì 15 dicembre 2014

L'arte dice o non dice?

Che cosa vede un cieco che è nato senza il nervo ottico?
Vede la stessa cosa che tutti vedono con un ginocchio.
Niente!
Non buio, non ombre, niente!
Quelli che invece possono guardare vedranno il risultato dello scontro fra la luce e gli oggetti capaci di rifletterla.
Ricordo una pittrice (non artista), rimase più di un’ora a bocca spalancata davanti a dei bicchieri che avevo disegnato.
Mi chiese, dove avessi comprato il colore trasparente dimostrandomi che non solo non aveva cercato di capire il “non detto”, ma non era stata neppure capace di vedere quello che stava guardando.
Quando si parla di dono della rivelazione artistica, lo capisco bene, ma il dono vale se c’è chi può accoglierlo e vale sia si tratti di arte descrittiva sia si tratti di arte astratta.
Dico “astratta” di proposito perché ho idea che si confonda fra questa e l’arte moderna e si storce il naso in genere parlando di arte  figurativa come se le due cose non fossero compatibili.
Non è vero che nell’arte moderna non c’è la rappresentazione.
L’arte moderna è piena di figurativo!
La stilizzazione della realtà resta comunque arte figurativa!
La questione imitazione non può essere considerata esclusiva dell’arte classica giacché nell’arte contemporanea possiamo notare comunque temi e segni presi in prestito dalla realtà e l’arte astratta non è immune dalla questione imitazione poiché in natura esiste già una sequenza di punti facilmente riconducile a qualsiasi creazione astratta.
Mirò ha fatto arte astratta eppure qualsiasi persona abbia giocato con il microscopio sa bene da dove egli ricavò certe forme.
Kandinsky? Ancora più facile: basta aprire un libro di geometria piana.
Mi piace prendere in prestito una frase estrapolata da “ Altre forme di vita” dei Bluvertigo:
“in altre zone di questo universo
è facile da realizzare
che esiste tutto ciò che io non riesco
ancora ad immaginare “

Il dono della rivelazione artistica non si rivela senza la sensibilità di chi dovrebbe riceverlo allo stesso modo di come un ginocchio non può vedere né buio né ombre.
Ad alcuni queste mie posizioni appaiono come un tentativo di difendere l’arte Classica, come se più volte non avessi citato artisti moderni non figurativi che stimo molto.
Ho solo voluto smontare dei luoghi comuni che non appartengono all’arte se non nelle elucubrazioni contorte di molti artisti che pretendono di possedere più consapevolezza di chi li ha preceduti.

Abbiamo parlato di scarto fra ciò che fa l’artista, ciò che è l’arte e ciò che gli altri vedono e pensano.
Lo scarto esiste anche fra ciò che fa l’artista e ciò che lui è e fra ciò che gli altri vedono e pensano e ciò che loro sono, fra ciò che loro guardano e ciò che sono capaci di vedere ma anche fra ciò che pensiamo sia l’arte e ciò che dovrebbe essere.
C’è poi la questione che pone il dubbio se l’arte “dice” o “non dice”:
L’arte dice eccome!
I linguaggi non sono solo verbali, un muto questo lo sa bene e usa il linguaggio dei gesti.
I linguaggi convenzionali e universalmente riconosciuti sono certo più immediatamente fruibili e tuttavia pure loro si prestano a incomprensioni e fraintendimenti.
Se allargo le braccia a un amico che mi viene incontro non sto solo mostrando due braccia allargate, sto anche dicendo che sono felice di vederlo, che lo amo e che lo voglio accogliere nella mia vita…eppure non ho parlato!
Nessuno ad oggi può dare una definizione esatta di cosa sia l’arte perché è un concetto astratto che, come tutte le astrazioni, è teorizzabile e mutabile a piacimento pertanto non è corretto asserire che l’arte descrittiva non può definirsi arte.
Un romanzo è descrittivo e non è forse arte?
Il canestro di frutta di Caravaggio è descrittivo è non è forse un’opera d’arte?
Gli artisti mostrano quello che non si può dire ma anche quello che non si riesce a dire diversamente o anche quello che rafforza un già detto.
Chi ha pensato con Caravaggio o con l’avvento della fotografia che l’arte “ figurativa” fosse finita perché troppo “descrittiva” a mio avviso, essendo le cose fatte non solo di forma e luce ma anche di sostanza e odori e vibrazioni, ha pensato male.
Una mela su un tavolo è diversa nelle diverse ore della giornata, è diversa se la guardo io o se la guarda un bambino che arriva a malapena al livello del tavolo, ancora diversa se la guarderà una mosca.
Il fattore imitativo non implica “dire il dato” ma dire come soggettivamente l’ho visto e interpretato.
L’arte descrittiva non si esaurirebbe nell’oggetto descritto se guardandola non ci si limitasse a guardare ma ci si sforzasse di vedere.
Chi guardando delle agavi nel belvedere di Nebida vedesse solo delle piante grasse ingombranti che impediscono allo sguardo di raggiungere la laveria Lamarmora, probabilmente non si emozionerebbe guardando le agavi di Masili, oppure può darsi che l’esaltazione delle luci date dal Masili, in contrapposizione con materie prime opache, risvegli i distratti al punto che alla prossima gita a Nebida bisognerebbe rimuovere i destinatari della rivelazione artistica col carro attrezzi perché la contemplazione delle agavi è diventata virale.
Tornando all’idea delle braccia aperte :
se allargo le braccia a un amico che mi viene incontro non sto solo mostrando due braccia allargate, sto anche dicendo che sono felice di vederlo, che lo amo e che lo voglio accogliere nella mia vita…può anche darsi che l’amico interpreti il mio gesto come la mia intenzione di invadere la sua privacy o che volessi sottolineare quanto lo trovassi ingrassato : tutto dipende da chi fa il gesto e da chi lo guarda, nella vita come nell’arte.
Shikanu'